SPUNTI DI COACHING DA “LA MORTE DI IVAN IL’IČ”

La morte di Ivan Il’ič di Lev Tolstoj è un romanzo breve ma straordinariamente potente, capace di mettere a nudo le illusioni su cui spesso costruiamo la nostra esistenza, la nostra vita. Parla della paura della morte, ma soprattutto della paura di non aver vissuto davvero. Nel capolavoro di Tolstoj troviamo uno dei più potenti esempi letterari di quella che nel coaching chiamiamo “domanda trasformativa”.

L’illusione di una vita “corretta”

Ivan Il’ič ha seguito alla lettera il copione della società: una carriera rispettabile, una famiglia conforme alle aspettative, una vita che agli occhi degli altri sembrava “giusta”. Il protagonista trascorre la vita inseguendo convenzioni sociali e aspettative esterne, fino a quando, di fronte alla malattia terminale, si trova costretto a confrontarsi con l’autenticità della propria esistenza.

Spunto di coaching: Quante volte seguiamo percorsi che crediamo giusti solo perché accettati socialmente? Come professionisti e individui in cerca di cambiamento, possiamo riconoscere nella storia di Ivan un pattern universale.

Domande potenti:

Esercizio pratico: Scrivi la tua autobiografia da due punti di vista:

  1. Come la racconterebbero gli altri (colleghi, famiglia, amici)
  2. Come la senti tu nel profondo Ci sono differenze? Cosa rivelano?

Il momento cruciale: “Vivere? Vivere come?”

Il punto di svolta nel racconto – e ciò che lo rende così potente come strumento di riflessione per il coaching – arriva quando Ivan si confronta con la domanda essenziale: “Vivere? Vivere come?”. Questo momento rappresenta ciò che nel coaching chiamiamo “punto di scelta consapevole”.

La bellezza di questa domanda sta nella sua semplicità e nella sua profondità. Non chiede semplicemente se vale la pena vivere, ma come vivere – invitando a una riflessione sulla qualità e l’autenticità dell’esistenza. Nel coaching, questo tipo di domanda aperta e potente serve a risvegliare il cliente dal pilota automatico, portandolo a considerare attivamente le proprie scelte.

Il risveglio tardivo: la crisi come chiamata alla verità

Nel romanzo, Ivan Il’ič comprende la falsità della sua esistenza solo quando la malattia lo costringe a fermarsi. Spesso è solo attraverso una crisi profonda che arriviamo a mettere in discussione le nostre scelte fondamentali. Nel racconto, Ivan vive quella che nel coaching definiamo una “frattura cognitiva” – il momento in cui le nostre convinzioni limitanti e i nostri schemi mentali vengono improvvisamente esposti.

Spunto di coaching: Aspettare di toccare il fondo per cambiare è davvero necessario?

Domande potenti:

Esercizio pratico: Immagina di essere alla fine della tua vita e di poter dare un consiglio al te stesso di oggi. Cosa diresti? Cosa cambieresti subito?

Il corpo come bussola: la saggezza della sofferenza

Ivan Il’ič cerca di ignorare la sofferenza, fino a quando capisce che il dolore è una manifestazione della verità che ha sempre evitato. Anche nella vita reale, il corpo manda segnali che spesso ignoriamo.

Spunto di coaching: Il corpo non mente. I sintomi fisici, le emozioni scomode, le tensioni sono messaggi da ascoltare, non ostacoli da eliminare.

Domande potenti:

Esercizio pratico: Fai un check-in giornaliero con il tuo corpo:

Il servitore Gerasim: l’autenticità come modello

Un elemento fondamentale nella storia è la figura del servitore Gerasim. Nonostante la sua posizione sociale inferiore, Gerasim dimostra una saggezza naturale e un’autenticità che fanno da contrasto alla vita artificiale di Ivan. Si prende cura del suo padrone con semplicità e compassione genuina, accettando la realtà della sofferenza e della morte come parte naturale della vita.

Nel linguaggio del coaching, Gerasim incarna ciò che chiamiamo “presenza autentica” – la capacità di essere pienamente presenti, senza maschere e senza agenda nascosta. È l’unico che offre a Ivan sollievo autentico, trattandolo con sincerità e umanità.

Spunto di coaching: La qualità delle relazioni determina la qualità della nostra vita.

Domande potenti:

Esercizio pratico: Dedica una giornata ad ascoltare profondamente qualcuno senza distrazioni. Nota cosa cambia nella qualità della connessione.

La paura della morte come specchio della paura di vivere

Ivan Il’ič teme la morte perché si rende conto di non aver mai vissuto davvero. Ma nel momento in cui accetta la sua fine, trova una sorta di liberazione.

Spunto di coaching: La paura della morte è spesso il riflesso della paura di non aver vissuto appieno.

Domande potenti:

Esercizio pratico: Scrivi una lista di 3 cose che vuoi fare prima di morire ma che continui a rimandare. Scegline una e impegnati a realizzarla entro un mese.

Strumenti di coaching dalla storia di Ivan

Da questa potente narrazione possiamo estrarre diversi strumenti pratici di coaching:

  1. La domanda di vita: porsi regolarmente la domanda “Vivere come?”, prima che sia una crisi a imporla.
  2. L’esercizio del letto di morte:  immaginare di essere alla fine della propria vita e di guardare indietro. Cosa vorrebbero vedere? Quali scelte vorrebbero aver fatto?
  3. L’identificazione degli “Gerasim”: identificare le persone nella propria vita che dimostrano autenticità e presenza, indipendentemente dal loro status.

Conclusione: Vuoi vivere come?

La vera domanda non è se stai vivendo, ma come lo stai facendo.

La morte di Ivan Il’ič ci ricorda che non possiamo rimandare all’infinito il momento di essere autentici. Ciò che rende questa storia così preziosa nel contesto del coaching è il messaggio che non è mai troppo tardi per un momento di autentica consapevolezza.

Come mental coach, il compito è facilitare questi momenti di consapevolezza prima che la vita ci costringa a confrontarci con essi attraverso la crisi.

La domanda “Vivere come?” non deve attendere il nostro letto di morte per essere posta – può diventare una pratica quotidiana di riflessione e allineamento con la nostra verità più profonda.

Ora tocca a te: Quale di questi spunti ti ha colpito di più? Da dove vuoi iniziare? La domanda “Vuoi vivere come?” ti attende. Non rimandare la tua risposta.

E tu, caro lettore, ti sei mai fermato a chiederti “Vivere come?”

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