Ovvero: cosa succede quando iniziamo a raccontarci

Immagina di aprire un cassetto e trovarci dentro una scatola piena di fotografie. Alcune sono sbiadite, altre ancora brillanti. C’è il volto sorridente di un bambino che somiglia molto a te. C’è una cartolina scritta a mano, una ricevuta stropicciata, una lettera mai spedita. In quel momento succede qualcosa: la memoria si accende, il tempo si confonde, e tutto si rimescola.

Raccontarsi può assomigliare a questo.

Non è sempre semplice, né immediato. Ma quando iniziamo a mettere in fila i pezzi della nostra storia, qualcosa si chiarisce. E no, non si tratta di “capire tutto” o di trovare risposte assolute. Si tratta piuttosto di orientarsi. Di scoprire dove siamo davvero, e da dove veniamo.

Tu lettore quale immagine o ricordo emerge spontaneamente quando pensi alla tua storia personale? Nota come ti fa sentire senza giudicare questa sensazione.

La storia che racconti… e quella che ti racconti

Tutti abbiamo una biografia. Ma raramente la guardiamo come se potesse parlarci.

Spesso raccontiamo il nostro passato in modo automatico: “ho studiato questo”, “ho fatto quell’errore”, “non sono il tipo da…”. Eppure, se ci fermiamo un attimo e ascoltiamo meglio, tra le righe emergono fili invisibili. Temi ricorrenti. Desideri che si sono fatti strada anche nei momenti più confusi.

Nel coaching, lavorare sulla biografia significa tornare a quegli episodi con uno sguardo nuovo. Non per giudicare. Non per sistemare. Ma per comprendere. Cosa ci ha fatto scegliere in un certo modo? Quali risorse avevamo, anche quando pensavamo di non averne? Quali frasi ci portiamo dietro da anni senza più domandarci se ci somigliano ancora?

Ancora ti chiedo: ci sono aspetti che tendi a enfatizzare e altri che spesso ometti? Cosa potrebbe dirti questa tendenza?

Dare un senso, non una giustificazione

Quando usiamo la nostra storia come strumento di crescita, ci accorgiamo che non serve cambiarla per sentirla nostra. A volte basta rileggerla con più tenerezza, o da un punto di vista diverso.

Il punto non è giustificare tutto ciò che è stato. Ma trovare un senso. E questo senso può diventare una bussola. Una direzione. Un modo per smettere di girare in tondo e iniziare a muoversi, anche piano, verso ciò che ci chiama oggi.

Come accade in ogni relazione significativa, anche nel rapporto tra coach e coachèe le storie personali s’intrecciano e dialogano. Per comprendere meglio questo processo, possiamo osservare ciò che accade nel mondo del tiro con l’arco, dove la biografia dell’allenatore plasma profondamente il suo approccio all’insegnamento.

Un allenatore di tiro con l’arco attraversa diverse fasi nel suo percorso professionale, ognuna influenzata dalla sua storia personale. Nella fase iniziale, tende a concentrarsi principalmente sulla tecnica, riproponendo gli stessi metodi con cui è stato formato. Con l’esperienza, inizia una fase di transizione, dove la sua capacità di analisi si espande. Infine, nella fase matura, sviluppa un approccio centrato sull’atleta, integrando le proprie esperienze passate in una metodologia unica.

È interessante notare come gli allenatori più efficaci sono quelli capaci di riconoscere l’impronta della propria biografia sul loro stile di coaching. Un esempio: l’allenatore che da giovane ha vissuto l’esperienza di un mentore troppo rigido potrebbe sviluppare un approccio più empatico, oppure, inconsapevolmente, replicare quel modello. Solo quando inizia a “raccontarsi” la propria storia con consapevolezza può scegliere quale parte di quell’esperienza integrare nel suo metodo.

Ti invito ancora a riflettere su queste domande: in che modo la tua storia personale influenza il tuo approccio al lavoro o alle relazioni importanti? Ci sono modelli che tendi a replicare o dai quali cerchi consapevolmente di allontanarti?

Come sottolinea Tim Swane, esperto di coaching nel tiro con l’arco, “la nostra filosofia di coaching è un riflesso diretto delle nostre esperienze formative, sia positive che negative.” Questa consapevolezza diventa una bussola che orienta non solo l’allenatore, ma anche il rapporto con l’atleta, creando uno spazio dove entrambe le biografie possono dialogare costruttivamente.

Pensa a un evento significativo del tuo passato che consideri un “errore” o una “sconfitta”. Riesci a identificare almeno una risorsa o un apprendimento che quell’esperienza ti ha portato?

Uno spazio per ritrovarsi

Ci sono momenti in cui sentiamo il bisogno di rimettere insieme i pezzi. Di fare ordine. Di capire meglio chi siamo diventati. E magari di scegliere con più libertà cosa vogliamo diventare. In quei momenti, avere uno spazio dove raccontarsi può fare la differenza.

Immagina che la tua biografia sia davvero una bussola, verso quale direzione ti sta indicando in questo momento della tua vita? Quale capitolo stai scrivendo oggi?

Se senti che è tempo di ascoltare la tua storia con uno sguardo nuovo, potresti iniziare da qui: da una pausa. Da qualche domanda. O da uno spazio pensato per accogliere il tuo percorso, così com’è.

Magari lo sportello di coaching può essere il luogo giusto per farlo.

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